1. Che cos’è il “compromesso”?
In gergo comune, il termine “compromesso” è frequentemente (e impropriamente) utilizzato per indicare il contratto preliminare di vendita, nello specifico quello avente ad oggetto un bene immobile.
Si tratta quindi di un contratto a tutti gli effetti, con cui le parti, intenzionate a concludere una futura compravendita – e denominate rispettivamente promissarioacquirente (chi acquista) e promittente alienante (chi vende) – si obbligano a stipularla in un momento successivo.
Il preliminare di vendita (come del resto qualsiasi contratto preliminare) ha effetti obbligatori: determina infatti l’obbligo per i contraenti di prestare il consenso in occasione della futura vendita.
Gli effetti (reali e obbligatori) tipici di quest’ultima (trasferimento della proprietà, pagamento del prezzo, consegna del bene…) si producono invece solo con la stipula del contratto definitivo.
2. Cosa si fa al “compromesso”?
Al “compromesso” le parti sottoscrivono un vero e proprio contratto (il preliminare di vendita, appunto), in cui si obbligano a concludere il contratto di vendita definitivo in un momento successivo.
Nella prassi, il ricorso al preliminare di vendita è molto frequente perchè consente di soddisfare due distinte esigenze:
- permette alle parti di vincolarsi reciprocamente per il futuro, garantendo cioè che nessuna di esse possa sottrarsi alla stipula del contratto definitivo, senza che sia necessario concluderlo immediatamente;
- consente inoltre di sfruttare l’intervallo temporale intercorrente tra il preliminare e il definitivo, per mettere a punto tutta una serie di adempimenti prodromici e funzionali alla vendita (richiesta di un mutuo per l’acquisto dell’immobile, trasloco ecc…).
3. Che cosa deve contenere il “compromesso”?
La legge non prevede una disciplina specifica del contratto preliminare, limitandosi a prescrivere che debba avere la stessa forma del contratto definitivo, a pena di nullità (art. 1351 c.c.).
La disciplina del preliminare deve quindi desumersi da quella del contratto in generale e in particolar modo dalle norme dettate per la specifica tipologia di contratto definitivo cui il preliminare è strumentale (in questo caso quello di compravendita immobiliare).
Muovendo da queste premesse, gli elementi essenziali che il preliminare di venditaimmobiliare deve contenere sono:
- il consenso delle parti,
- la forma scritta,
- l’esatta indicazione del bene immobile oggetto di vendita (indirizzo, tipologia, dati catastali…),
- il prezzo.
Va da sé che, più il contenuto del preliminare è dettagliato ed esaustivo e minori saranno i dubbi che potranno sorgere in sede di stipula del contratto definitivo.
3.1. (segue): La forma del contratto preliminare di compravendita
Si è detto che il contratto preliminare deve avere la stessa forma del definitivo a pena di nullità.
Trattandosi di preliminare di vendita immobiliare, la norma di riferimento è l’art. 1350, primo comma n. 1 c.c., secondo cui i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili devono farsi per atto pubblico o scrittura privata, a pena di nullità.
Le parti possono quindi procedere autonomamente mediante scrittura privata, oppure rivolgersi ad un Notaio e concludere il “compromesso” per atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Tale ultima opzione è imprescindibile se il preliminare ha ad oggetto immobili da costruire o in corso di costruzione (D. Lgs. n. 122/2005, art. 6).
Come vedremo meglio oltre (paragrafo 5), pur non essendo obbligatoria, la stipula del “compromesso” in sede notarile garantisce maggiormente le parti, soprattutto il promissario acquirente.
3.2. Contratto preliminare e clausole accessorie
Le parti possono arricchire il contenuto minimo del contratto preliminare inserendovi delle clausole aggiuntive.
Si parla a tal proposito di clausole accessorie, nel senso che il contratto esiste in ogni caso anche se non vengono apposte, ma una volta incluse possono condizionarne validità ed efficacia.
Si tratta di clausole solitamente previste a tutela di una o entrambe le parti contraenti.
Le più frequenti sono:
- il termine per la stipula del contratto definitivo: solitamente le parti indicano la data entro cui sottoscrivere il successivo contratto di compravendita, in modo da circoscrivere temporalmente il proprio impegno reciproco. Come vedremo meglio oltre (paragrafo 3.2.2.), di regola il termine previsto nel preliminare non è da considerarsi essenziale, salvo che dalle espressioni utilizzate, dall’oggetto e dalla natura del contratto, non emerga la volontà inequivocabile delle parti di qualificarlo in tal senso;
- la caparra (art. 1385 c.c.): non è infrequente che il promittente venditore chieda al promissario acquirente il versamento di una somma di denaro per confermare la serietà dell’impegno assunto (c.d. caparra confirmatoria). Se tutto procede regolarmente la caparra viene restituita o imputata al pagamento del prezzo del contratto definitivo. Se invece una delle parti è inadempiente alle obbligazioni previste dal preliminare, l’altra partepotrà recedere dal contratto, trattenendo la caparra ricevuta o esigendo il doppio dell’importo versato.
La caparra può essere prevista anche a titolo di corrispettivo della facoltà di recessodal contratto (c.d. caparra penitenziale). In tal caso, una volta corrisposta, la parte potrà scegliere se adempiere le obbligazioni previste oppure recedere dal contratto: se opta per il recesso dovrà rinunciare alla caparra versata o restituire un importo doppio;
- la clausola penale (art. 1382 c.c.): le parti possono anche prevedere che, in caso di inadempimento totale o parziale di una di esse, quella inadempiente sia tenuta a pagare una determinata somma di denaro (la c.d. “penale” appunto). In tal caso la penale è prevista a titolo di risarcimento del danno, mentre è esclusa la risarcibilità di danni ulteriori salvo espressa previsione. A differenza della caparra, la penale può essere prevista anche per il solo ritardo nell’adempimento della prestazione (ad esempio per ogni giorno di ritardo rispetto alla data fissata per la stipula del contratto definitivo).
3.2.1. Nel contratto preliminare dev’essere fissata anche la data del rogito?
Si è detto che il termine di stipula del definitivo non rappresenta un elemento essenziale del “compromesso”, anche se solitamente le parti lo prevedono in modo da circoscrivere temporalmente le reciproche obbligazioni.
Può comunque accadere che le parti scelgano di non farne menzione: in tal caso come orientarsi e soprattutto, quando è possibile richiedere la prestazione?
Richiamando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. n. 2700/1956, Cass. sez. 3 n. 19414/10, Cass. sez. 3 n. 15796/09), la Corte di Cassazione ha affermato che se nel preliminare non è indicato un termine per adempiere, la parte che vi ha interesse può esigere l’esecuzione immediata della prestazione (Cass. Sez. II Civile, sent. n. 21647/2019).
Si applica quindi il principio previsto all’art. 1183 primo comma c.c., secondo cui se non è fissato un termine per l’adempimento della prestazione il creditore può esigerla immediatamente.
Immediatezza, che tuttavia va declinata rispetto allo specifico rapporto in esame: spetterà infatti al Giudice, chiamato a dirimere la controversia sorta a seguito dell’inadempimento, apprezzare la congruità del tempo intercorso tra il preliminare e la richiesta avanzata, alla luce dei parametri di cui all’art. 1183 secondo comma c.c..
3.2.2. È possibile spostare la data del rogito?
Supponiamo invece che le parti, come spesso accade, abbiano fissato il termine entro il quale sottoscrivere il contratto definitivo dal Notaio e che per una serie di circostanze non sia possibile rispettarlo.
La data prevista per il rogito può essere spostata? È quindi ammesso un differimento, oppure il termine concordato dalle parti deve ritenersi perentorio?
Anche in tal caso giunge in soccorso la Cassazione; la Corte chiarisce infatti che, in tema di preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipula del contratto definitivo di regola non è da ritenersi essenziale (Cass. ord. n. 9226/2020), dunque inderogabile.
In particolare deve ritenersi che espressioni quali “entro e non oltre il…” o formule di tenore analogo non integrino la previsione di un termine essenziale.
Il termine potrà ritenersi tale solo quando, all’esito di un’indagine riservata al giudice di merito – da condurre peraltro alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e soprattutto della natura e dell’oggetto del contratto – risulti l’inequivocabile volontà delle parti di considerare ormai persa l’utilità economica dell’accordo, a causa dell’infruttuoso decorso del termine.
Un’ipotesi residuale quindi, la sola in cui il mancato rispetto del termine indicato nel preliminare può legittimare lo scioglimento del contratto.
Negli altri casi deve invece ritenersi che, in presenza di un impedimento oggettivoche precluda di rispettare la data del rogito, ciascuna parte possa chiedere una proroga, purché il differimentosia giustificabile e congruo, oltre cheinidoneo a pregiudicare l’utilità della prestazione.
4. La registrazione del preliminare
Una domanda tra le più frequenti è se il preliminare di vendita debba essere registrato o meno.
La risposta è affermativa, anche se è opportuno distinguere il profilo fiscale da quello strettamente civilistico.
A differenza di quanto accade con altre tipologie di contratti (ad esempio quello di locazione), il preliminare, purché corredato di tutti gli elementi essenziali, resta comunque valido ed efficace anche se non viene registrato, vincolando le parti alla stipula del definitivo.
La registrazione rappresenta infatti un adempimento prescritto a fini esclusivamente fiscali (D.P.R. 131/1986, Tariffa parte 1 articolo 10), la cui inosservanza espone le parti alle conseguenti sanzioni ma non preclude al contratto di spiegare i suoi effetti obbligatori.
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