Il compromesso: la guida al preliminare di vendita immobiliare

Il compromesso: la guida al preliminare di vendita immobiliare

1. Che cos’è il “compromesso”?

In gergo comune, il termine “compromesso” è frequentemente (e impropriamente) utilizzato per indicare il contratto preliminare di vendita, nello specifico quello avente ad oggetto un bene immobile.

Si tratta quindi di un contratto a tutti gli effetti, con cui le parti, intenzionate a concludere una futura compravendita – e denominate rispettivamente promissarioacquirente (chi acquista) e promittente alienante (chi vende) – si obbligano a stipularla in un momento successivo.

Il preliminare di vendita (come del resto qualsiasi contratto preliminare) ha effetti obbligatori: determina infatti l’obbligo per i contraenti di prestare il consenso in occasione della futura vendita.

Gli effetti (reali e obbligatori) tipici di quest’ultima (trasferimento della proprietà, pagamento del prezzo, consegna del bene…) si producono invece solo con la stipula del contratto definitivo.

2. Cosa si fa al “compromesso”?

Al “compromesso” le parti sottoscrivono un vero e proprio contratto (il preliminare di vendita, appunto), in cui si obbligano a concludere il contratto di vendita definitivo in un momento successivo.

Nella prassi, il ricorso al preliminare di vendita è molto frequente perchè consente di soddisfare due distinte esigenze:

  • permette alle parti di vincolarsi reciprocamente per il futuro, garantendo cioè che nessuna di esse possa sottrarsi alla stipula del contratto definitivo, senza che sia necessario concluderlo immediatamente;
  • consente inoltre di sfruttare l’intervallo temporale intercorrente tra il preliminare e il definitivo, per mettere a punto tutta una serie di adempimenti prodromici e funzionali alla vendita (richiesta di un mutuo per l’acquisto dell’immobile, trasloco ecc…).

3. Che cosa deve contenere il “compromesso”?

La legge non prevede una disciplina specifica del contratto preliminare, limitandosi a prescrivere che debba avere la stessa forma del contratto definitivo, a pena di nullità (art. 1351 c.c.).

La disciplina del preliminare deve quindi desumersi da quella del contratto in generale e in particolar modo dalle norme dettate per la specifica tipologia di contratto definitivo cui il preliminare è strumentale (in questo caso quello di compravendita immobiliare).

Muovendo da queste premesse, gli elementi essenziali che il preliminare di venditaimmobiliare deve contenere sono:

  • il consenso delle parti,
  • la forma scritta,
  • l’esatta indicazione del bene immobile oggetto di vendita (indirizzo, tipologia, dati catastali…),
  • il prezzo.

Va da sé che, più il contenuto del preliminare è dettagliato ed esaustivo e minori saranno i dubbi che potranno sorgere in sede di stipula del contratto definitivo.

3.1. (segue): La forma del contratto preliminare di compravendita

Si è detto che il contratto preliminare deve avere la stessa forma del definitivo a pena di nullità.

Trattandosi di preliminare di vendita immobiliare, la norma di riferimento è l’art. 1350, primo comma n. 1 c.c., secondo cui i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili devono farsi per atto pubblico o scrittura privata, a pena di nullità.

Le parti possono quindi procedere autonomamente mediante scrittura privata, oppure rivolgersi ad un Notaio e concludere il “compromesso” per atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Tale ultima opzione è imprescindibile se il preliminare ha ad oggetto immobili da costruire o in corso di costruzione (D. Lgs. n. 122/2005, art. 6).

Come vedremo meglio oltre (paragrafo 5), pur non essendo obbligatoria, la stipula del “compromesso” in sede notarile garantisce maggiormente le parti, soprattutto il promissario acquirente.

3.2. Contratto preliminare e clausole accessorie

Le parti possono arricchire il contenuto minimo del contratto preliminare inserendovi delle clausole aggiuntive.

Si parla a tal proposito di clausole accessorie, nel senso che il contratto esiste in ogni caso anche se non vengono apposte, ma una volta incluse possono condizionarne validità ed efficacia.

Si tratta di clausole solitamente previste a tutela di una o entrambe le parti contraenti.

Le più frequenti sono:

  • il termine per la stipula del contratto definitivo: solitamente le parti indicano la data entro cui sottoscrivere il successivo contratto di compravendita, in modo da circoscrivere temporalmente il proprio impegno reciproco. Come vedremo meglio oltre (paragrafo 3.2.2.), di regola il termine previsto nel preliminare non è da considerarsi essenziale, salvo che dalle espressioni utilizzate, dall’oggetto e dalla natura del contratto, non emerga la volontà inequivocabile delle parti di qualificarlo in tal senso;
  • la caparra (art. 1385 c.c.): non è infrequente che il promittente venditore chieda al promissario acquirente il versamento di una somma di denaro per confermare la serietà dell’impegno assunto (c.d. caparra confirmatoria). Se tutto procede regolarmente la caparra viene restituita o imputata al pagamento del prezzo del contratto definitivo. Se invece una delle parti è inadempiente alle obbligazioni previste dal preliminare, l’altra partepotrà recedere dal contratto, trattenendo la caparra ricevuta o esigendo il doppio dell’importo versato.

La caparra può essere prevista anche a titolo di corrispettivo della facoltà di recessodal contratto (c.d. caparra penitenziale). In tal caso, una volta corrisposta, la parte potrà scegliere se adempiere le obbligazioni previste oppure recedere dal contratto: se opta per il recesso dovrà rinunciare alla caparra versata o restituire un importo doppio;

  • la clausola penale (art. 1382 c.c.): le parti possono anche prevedere che, in caso di inadempimento totale o parziale di una di esse, quella inadempiente sia tenuta a pagare una determinata somma di denaro (la c.d. “penale” appunto). In tal caso la penale è prevista a titolo di risarcimento del danno, mentre è esclusa la risarcibilità di danni ulteriori salvo espressa previsione. A differenza della caparra, la penale può essere prevista anche per il solo ritardo nell’adempimento della prestazione (ad esempio per ogni giorno di ritardo rispetto alla data fissata per la stipula del contratto definitivo).

3.2.1. Nel contratto preliminare dev’essere fissata anche la data del rogito?

Si è detto che il termine di stipula del definitivo non rappresenta un elemento essenziale del “compromesso”, anche se solitamente le parti lo prevedono in modo da circoscrivere temporalmente le reciproche obbligazioni.

Può comunque accadere che le parti scelgano di non farne menzione: in tal caso come orientarsi e soprattutto, quando è possibile richiedere la prestazione?

Richiamando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. n. 2700/1956, Cass. sez. 3 n. 19414/10, Cass. sez. 3 n. 15796/09), la Corte di Cassazione ha affermato che se nel preliminare non è indicato un termine per adempiere, la parte che vi ha interesse può esigere l’esecuzione immediata della prestazione (Cass. Sez. II Civile, sent. n. 21647/2019).

Si applica quindi il principio previsto all’art. 1183 primo comma c.c., secondo cui se non è fissato un termine per l’adempimento della prestazione il creditore può esigerla immediatamente.

Immediatezza, che tuttavia va declinata rispetto allo specifico rapporto in esame: spetterà infatti al Giudice, chiamato a dirimere la controversia sorta a seguito dell’inadempimento, apprezzare la congruità del tempo intercorso tra il preliminare e la richiesta avanzata, alla luce dei parametri di cui all’art. 1183 secondo comma c.c..

3.2.2. È possibile spostare la data del rogito?

Supponiamo invece che le parti, come spesso accade, abbiano fissato il termine entro il quale sottoscrivere il contratto definitivo dal Notaio e che per una serie di circostanze non sia possibile rispettarlo.

La data prevista per il rogito può essere spostata? È quindi ammesso un differimento, oppure il termine concordato dalle parti deve ritenersi perentorio?

Anche in tal caso giunge in soccorso la Cassazione; la Corte chiarisce infatti che, in tema di preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipula del contratto definitivo di regola non è da ritenersi essenziale (Cass. ord. n. 9226/2020), dunque inderogabile.

In particolare deve ritenersi che espressioni quali “entro e non oltre il…” o formule di tenore analogo non integrino la previsione di un termine essenziale.

Il termine potrà ritenersi tale solo quando, all’esito di un’indagine riservata al giudice di merito – da condurre peraltro alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e soprattutto della natura e dell’oggetto del contratto – risulti l’inequivocabile volontà delle parti di considerare ormai persa l’utilità economica dell’accordo, a causa dell’infruttuoso decorso del termine.

Un’ipotesi residuale quindi, la sola in cui il mancato rispetto del termine indicato nel preliminare può legittimare lo scioglimento del contratto.

Negli altri casi deve invece ritenersi che, in presenza di un impedimento oggettivoche precluda di rispettare la data del rogito, ciascuna parte possa chiedere una proroga, purché il differimentosia giustificabile e congruo, oltre cheinidoneo a pregiudicare l’utilità della prestazione.

4. La registrazione del preliminare

Una domanda tra le più frequenti è se il preliminare di vendita debba essere registrato o meno.

La risposta è affermativa, anche se è opportuno distinguere il profilo fiscale da quello strettamente civilistico.

A differenza di quanto accade con altre tipologie di contratti (ad esempio quello di locazione), il preliminare, purché corredato di tutti gli elementi essenziali, resta comunque valido ed efficace anche se non viene registrato, vincolando le parti alla stipula del definitivo.

La registrazione rappresenta infatti un adempimento prescritto a fini esclusivamente fiscali (D.P.R. 131/1986, Tariffa parte 1 articolo 10), la cui inosservanza espone le parti alle conseguenti sanzioni ma non preclude al contratto di spiegare i suoi effetti obbligatori.

Riforma della giustizia civile: le principali novità

Riforma della giustizia civile: le principali novità

Dal potenziamento degli ADR al riordino delle disposizioni per garantire l’efficienza del processo civile, dimezzando i tempi del giudizio, fino alla previsione di un rito unico in materia di famiglia, persone e minori: le principali novità del maxiemendamento di riforma della giustizia civile.

Processo italiano più efficiente

A breve la Commissione Giustizia del Senato procederà all’esame del maxi emendamento al DDL AS 1662, contenente la delega al Governo per l’efficienza del processo civile e la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

L’obiettivo, dichiara il Ministro della Giustizia Marta Cartabia, è quello di ridurre i tempi dei giudizi civili di almeno il 40%, rendendo il processo italiano efficiente e competitivo anche in ottica europea.

E’ infatti sulla giustizia che l’Italia gioca la partita decisiva per ottenere i fondi del Recovery plan: non solo i 2,7 miliardi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) destinati al comparto giustizia, ma anche i 191 miliardi riservati alla rinascita economica e sociale.

Potenziamento della mediazione

Tra gli interventi proposti spicca il potenziamento degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (c.d. ADR – Alternative Dispute Resolution) da esperire anche con modalità telematiche.

Quanto alla mediazione civile e commerciale, che nel corso del 2020 ha registrato ottimi risultati, l’emendamento la incentiva sotto diversi profili.

Viene incrementato e semplificato il regime degli incentivi fiscali, già previsti agli artt. 17 e 20 del D.lgs. 28/2010, intervenendo, tra l’altro, sulla misura dell’esenzione dall’imposta di registro, sul regime delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti ai vari organismi e sulla procedura di riconoscimento del credito d’imposta, che viene semplificata, estendendo il credito anche al compenso dell’avvocato e al contributo unificato sostenuto dalle parti.

Vengono inoltre ampliate le ipotesi di ricorso alla mediazione obbligatoria, comprendendo i contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, d’opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura.

E’ infine prevista la possibilità per le parti di stabilire che la consulenza tecnica disposta in mediazione possa essere prodotta in giudizio e liberamente utilizzata dal giudice.

Negoziazione assistita

Viene potenziata anche la negoziazione assistita, esperibile anche nelle controversie di lavoro, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

E’ inoltre espressamente previsto che gli accordi eventualmente raggiunti in negoziazione godano del regime di stabilità protetta contro rinunce e transazioni di cui all’art. 2213 c.c..

Quanto alla negoziazione assistita in materia di separazione, divorzio e modifica delle relative condizioni, si prevede che l’accordo raggiunto in tal sede sia titolo idoneo per la trascrizione di eventuali trasferimenti immobiliari, ai sensi dell’art. 2657 c.c..

Arbitrato

La revisione della disciplina degli ADR interessa anche l’arbitrato, prevedendo particolari accorgimenti al fine di garantire l’imparzialità dell’arbitro e l’attribuzione agli arbitri rituali del potere di emanare misure cautelari previa espressa volontà delle parti in tal senso, da manifestare nella convenzione di arbitrato o in un atto scritto successivo e salva diversa previsione legislativa.

Nell’ottica di complessivo riordino della materia e di semplificazione della normativa di riferimento, è prevista anche l’inclusione delle norme in tema di arbitrato societario all’interno del codice di procedura civile.

Processo civile

L’obiettivo di efficienza e semplificazione del processo civile è perseguito concentrando nella prima udienza il clou delle attività processuali.

Si prevede infatti che l’atto di citazione debba già contenere l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui l’attore intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione, sui quali il convenuto è chiamato a prendere posizione fin dalla comparsa di costituzione e risposta.

E’ inoltre prevista l’estensione del principio di non contestazione per il convenuto che rimane volontariamente contumace, se il giudizio verte su diritti disponibili.

Giudizio d’appello e Cassazione

Quanto al giudizio d’appello, l’emendamento governativo prevede il potenziamento del filtro di ammissibilità e la semplificazione della fase istruttoria del procedimento, delegando ad un consigliere la trattazione della causa e l’eventuale assunzione di nuove prove.

Anche il giudizio di legittimità è improntato alla semplificazione, valorizzando i principi di sinteticità e autosufficienza degli atti, uniformando le modalità di svolgimento del giudizio e prediligendo la definizione all’esito di una pronuncia in camera di consiglio.

Una delle novità più significative riguarda poi la possibilità, per il giudice di merito, di proporre il c.d. “rinvio pregiudiziale”, ossia di sottoporre direttamente alla Corte la risoluzione di una questione di mero diritto, sulla quale il giudice abbia già sollevato il contraddittorio delle parti, purchè sia questione del tutto nuova, di particolare importanza, suscettibile di presentarsi in numerosi giudizi e fonte di gravi difficoltà interpretative.

Controversie di lavoro

Sul fronte delle controversie di lavoro la riforma segna il definitivo superamento del c.d. “rito Fornero”, prevedendo un procedimento unico di impugnazione dei licenziamenti.

Viene dunque abolita la “fase sommaria” introdotta dalla riforma del 2012 e la diversità di rito a seconda della data di assunzione, garantendo in ogni caso carattere prioritario alla trattazione delle cause di licenziamento.

Processo esecutivo

Gli obiettivi di efficienza e speditezza del giudizio si estendono anche al processo esecutivo.

Il decreto dispone infatti l’abrogazione delle disposizioni che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione degli atti in forma esecutiva, prevedendo che dei titoli per l’esecuzione forzata sia sufficiente attestare la conformità all’originale.

Sono valorizzate anche le misure di coercizione indiretta di cui all’art. 614 bis c.p.c.(c.d. astreintes), consentendo al giudice dell’esecuzione di poterle disporre quando il titolo esecutivo è diverso da un provvedimento di condanna o la misura non è stata richiesta al giudice che ha pronunciato il provvedimento.

Con specifico riferimento all’esecuzione immobiliare è prevista la riduzione dei termini per il deposito della documentazione ipocatastale e il potenziamento delle operazioni di delega – estese anche a fasi, come quella distributiva, finora riservate al giudice dell’esecuzione – seppur con un contrappeso rappresentato da un rigido meccanismo di vigilanza del G.E. sul rispetto delle nuove scadenze temporali da parte del delegato.

E’ previsto il potere del giudice di sostituire il custode giudiziario al debitore nella custodia dell’immobile pignorato, entro 15 giorni dal deposito della documentazione ipocatastale, e l’obbligo di liberazione dell’immobile – se abitato dall’esecutato e dal suo nucleo familiare o occupato da un soggetto privo di titolo opponibile alla procedura – da attuare al più tardi al momento di pronuncia dell’ordinanza di vendita o di delega al compimento delle relative operazioni.

Uno delle novità più interessanti sul tema è infine la possibilità per il debitore di vendere direttamente l’immobile pignorato, ad un prezzo non inferiore a quello base indicato nella perizia di stima (c.d. vendita privata): un meccanismo che indubbiamente può prestarsi a favorire una definizione fruttuosa e più rapida del procedimento.

Implementazione del processo civile telematico

Sempre nell’ottica di rendere il processo più snello, efficiente, rapido e funzionale, l’emendamento propende per l’abbandono di una rigida impostazione formale, vietando la previsione di sanzioni sulla validità degli atti per mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma; ciò a condizione che l’atto sia comunque idoneo al raggiungimento dello scopo e rispetti i principi di chiarezza e sinteticità.

E’ prevista inoltre l’introduzione di misure di riordino e implementazione delle disposizioni sul processo civile telematico e la possibilità per il giudice di disporre, tra l’altro, che le udienze civili si svolgano con collegamenti audiovisivi a distanza, a condizione che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti e che queste ultime, se costituite, non si oppongano.

Procedimenti in materia di persone, minori e famiglia

Altra grande novità della riforma è la previsione di un rito unico, applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, di competenza del tribunale ordinario in composizione collegiale (con facoltà di delega al giudice relatore per la trattazione), del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare, con conseguente abrogazione, riordino, coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni vigenti.

Lo scopo, dichiarato, è eliminare la frammentarietà di riti e soluzioni che attualmente caratterizza la materia, privilegiando la parità di trattamento e la creazione di orientamenti giurisprudenziali uniformi.

Dal potenziamento degli ADR al riordino delle disposizioni per garantire l’efficienza del processo civile, dimezzando i tempi del giudizio, fino alla previsione di un rito unico in materia di famiglia, persone e minori: le principali novità del maxiemendamento di riforma della giustizia civile.

Processo italiano più efficiente

A breve la Commissione Giustizia del Senato procederà all’esame del maxi emendamento al DDL AS 1662, contenente la delega al Governo per l’efficienza del processo civile e la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

L’obiettivo, dichiara il Ministro della Giustizia Marta Cartabia, è quello di ridurre i tempi dei giudizi civili di almeno il 40%, rendendo il processo italiano efficiente e competitivo anche in ottica europea.

E’ infatti sulla giustizia che l’Italia gioca la partita decisiva per ottenere i fondi del Recovery plan: non solo i 2,7 miliardi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) destinati al comparto giustizia, ma anche i 191 miliardi riservati alla rinascita economica e sociale.

Potenziamento della mediazione

Tra gli interventi proposti spicca il potenziamento degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (c.d. ADR – Alternative Dispute Resolution) da esperire anche con modalità telematiche.

Quanto alla mediazione civile e commerciale, che nel corso del 2020 ha registrato ottimi risultati, l’emendamento la incentiva sotto diversi profili.

Viene incrementato e semplificato il regime degli incentivi fiscali, già previsti agli artt. 17 e 20 del D.lgs. 28/2010, intervenendo, tra l’altro, sulla misura dell’esenzione dall’imposta di registro, sul regime delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti ai vari organismi e sulla procedura di riconoscimento del credito d’imposta, che viene semplificata, estendendo il credito anche al compenso dell’avvocato e al contributo unificato sostenuto dalle parti.

Vengono inoltre ampliate le ipotesi di ricorso alla mediazione obbligatoria, comprendendo i contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, d’opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura.

E’ infine prevista la possibilità per le parti di stabilire che la consulenza tecnica disposta in mediazione possa essere prodotta in giudizio e liberamente utilizzata dal giudice.

Negoziazione assistita

Viene potenziata anche la negoziazione assistita, esperibile anche nelle controversie di lavoro, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

E’ inoltre espressamente previsto che gli accordi eventualmente raggiunti in negoziazione godano del regime di stabilità protetta contro rinunce e transazioni di cui all’art. 2213 c.c..

Quanto alla negoziazione assistita in materia di separazione, divorzio e modifica delle relative condizioni, si prevede che l’accordo raggiunto in tal sede sia titolo idoneo per la trascrizione di eventuali trasferimenti immobiliari, ai sensi dell’art. 2657 c.c..

Arbitrato

La revisione della disciplina degli ADR interessa anche l’arbitrato, prevedendo particolari accorgimenti al fine di garantire l’imparzialità dell’arbitro e l’attribuzione agli arbitri rituali del potere di emanare misure cautelari previa espressa volontà delle parti in tal senso, da manifestare nella convenzione di arbitrato o in un atto scritto successivo e salva diversa previsione legislativa.

Nell’ottica di complessivo riordino della materia e di semplificazione della normativa di riferimento, è prevista anche l’inclusione delle norme in tema di arbitrato societario all’interno del codice di procedura civile.

Processo civile

L’obiettivo di efficienza e semplificazione del processo civile è perseguito concentrando nella prima udienza il clou delle attività processuali.

Si prevede infatti che l’atto di citazione debba già contenere l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui l’attore intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione, sui quali il convenuto è chiamato a prendere posizione fin dalla comparsa di costituzione e risposta.

E’ inoltre prevista l’estensione del principio di non contestazione per il convenuto che rimane volontariamente contumace, se il giudizio verte su diritti disponibili.

Giudizio d’appello e Cassazione

Quanto al giudizio d’appello, l’emendamento governativo prevede il potenziamento del filtro di ammissibilità e la semplificazione della fase istruttoria del procedimento, delegando ad un consigliere la trattazione della causa e l’eventuale assunzione di nuove prove.

Anche il giudizio di legittimità è improntato alla semplificazione, valorizzando i principi di sinteticità e autosufficienza degli atti, uniformando le modalità di svolgimento del giudizio e prediligendo la definizione all’esito di una pronuncia in camera di consiglio.

Una delle novità più significative riguarda poi la possibilità, per il giudice di merito, di proporre il c.d. “rinvio pregiudiziale”, ossia di sottoporre direttamente alla Corte la risoluzione di una questione di mero diritto, sulla quale il giudice abbia già sollevato il contraddittorio delle parti, purchè sia questione del tutto nuova, di particolare importanza, suscettibile di presentarsi in numerosi giudizi e fonte di gravi difficoltà interpretative.

Controversie di lavoro

Sul fronte delle controversie di lavoro la riforma segna il definitivo superamento del c.d. “rito Fornero”, prevedendo un procedimento unico di impugnazione dei licenziamenti.

Viene dunque abolita la “fase sommaria” introdotta dalla riforma del 2012 e la diversità di rito a seconda della data di assunzione, garantendo in ogni caso carattere prioritario alla trattazione delle cause di licenziamento.

Processo esecutivo

Gli obiettivi di efficienza e speditezza del giudizio si estendono anche al processo esecutivo.

Il decreto dispone infatti l’abrogazione delle disposizioni che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione degli atti in forma esecutiva, prevedendo che dei titoli per l’esecuzione forzata sia sufficiente attestare la conformità all’originale.

Sono valorizzate anche le misure di coercizione indiretta di cui all’art. 614 bis c.p.c.(c.d. astreintes), consentendo al giudice dell’esecuzione di poterle disporre quando il titolo esecutivo è diverso da un provvedimento di condanna o la misura non è stata richiesta al giudice che ha pronunciato il provvedimento.

Con specifico riferimento all’esecuzione immobiliare è prevista la riduzione dei termini per il deposito della documentazione ipocatastale e il potenziamento delle operazioni di delega – estese anche a fasi, come quella distributiva, finora riservate al giudice dell’esecuzione – seppur con un contrappeso rappresentato da un rigido meccanismo di vigilanza del G.E. sul rispetto delle nuove scadenze temporali da parte del delegato.

E’ previsto il potere del giudice di sostituire il custode giudiziario al debitore nella custodia dell’immobile pignorato, entro 15 giorni dal deposito della documentazione ipocatastale, e l’obbligo di liberazione dell’immobile – se abitato dall’esecutato e dal suo nucleo familiare o occupato da un soggetto privo di titolo opponibile alla procedura – da attuare al più tardi al momento di pronuncia dell’ordinanza di vendita o di delega al compimento delle relative operazioni.

Uno delle novità più interessanti sul tema è infine la possibilità per il debitore di vendere direttamente l’immobile pignorato, ad un prezzo non inferiore a quello base indicato nella perizia di stima (c.d. vendita privata): un meccanismo che indubbiamente può prestarsi a favorire una definizione fruttuosa e più rapida del procedimento.

Implementazione del processo civile telematico

Sempre nell’ottica di rendere il processo più snello, efficiente, rapido e funzionale, l’emendamento propende per l’abbandono di una rigida impostazione formale, vietando la previsione di sanzioni sulla validità degli atti per mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma; ciò a condizione che l’atto sia comunque idoneo al raggiungimento dello scopo e rispetti i principi di chiarezza e sinteticità.

E’ prevista inoltre l’introduzione di misure di riordino e implementazione delle disposizioni sul processo civile telematico e la possibilità per il giudice di disporre, tra l’altro, che le udienze civili si svolgano con collegamenti audiovisivi a distanza, a condizione che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti e che queste ultime, se costituite, non si oppongano.

Procedimenti in materia di persone, minori e famiglia

Altra grande novità della riforma è la previsione di un rito unico, applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, di competenza del tribunale ordinario in composizione collegiale (con facoltà di delega al giudice relatore per la trattazione), del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare, con conseguente abrogazione, riordino, coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni vigenti.

Lo scopo, dichiarato, è eliminare la frammentarietà di riti e soluzioni che attualmente caratterizza la materia, privilegiando la parità di trattamento e la creazione di orientamenti giurisprudenziali uniformi.